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La traina d’altura, come la traina costiera, ha nella propria essenza la cattura di predatori trainando delle esche artificiali con un’imbarcazione, ma la traina d’altura è piuttosto impegnativa e richiede una preparazione tecnica adeguata: si naviga, infatti, lontano dalla costa e si combattono prede il cui peso sfiora il quintale. Ovviamente la cattura di “giganti” simili non è frequentissima, ma in ogni caso le prede d’altura sono sempre di taglia ragguardevole e non si possono affrontare con attrezzature inaffidabili e imbarcazioni inadeguate. Lo scenario della grande traina è il mare aperto e quindi, per evidenti ragioni di sicurezza, occorre servirsi di natanti omologati a navigare in altura che consentono anche di non correre rischi e rientrare velocemente qualora le condizioni meteo peggiorino. Nella traina d’altura ci si spinge molto lontano dalla terra e la distanza è in stretto rapporto con le rotte migratorie dei pesci pelagici. L’imbarcazione per la traina d’altura deve avere una lunghezza di almeno 7-8 metri, dei motori piuttosto potenti, un ampio spazio nella zona in cui si svolge l’azione di pesca, un solido flying-bridge e possibilmente una piccola cabina riparata. Il flying-bridge è il ponte che si trova al centro dell’imbarcazione e serve allo skipper ad avvistare i possibili luoghi ove praticare la traina. Infatti, al primo sguardo può sembrare facile filare in mare quattro o più lenze e girovagare senza una meta precisa in attesa dell’abboccata. Andar per mare significa non farsi sfuggire il minimo particolare, quindi aguzzare la vista e abituarla a cogliere il benchè minimo segnale della presenza di pesce, ciò può trasformare una giornata apatica in una piena di gioia! La presenza di pesce è segnalata in primis dalla presenza di gabbiani, a volte in mangianza a volte in cerca di prede, dunque li vedremo girare a pelo d’acqua, cambiare direzione, alzarsi e rituffarsi. Tutto questo indica che in quella zona, sotto il pelo dell’acqua c’è un movimento di pesci-foraggio e di conseguenza predatori. L’ecoscandaglio è inoltre un validissimo aiuto, il quale indicherà a che profondità stazionano i branchi di pesce, le secche e le batimetriche, in sostanza tutte le zone migliori per la pesca.

L’equipaggiamento a bordo deve essere di 7-8 portacanna ad incasso e un’altra decina per le canne a riposo, una vasca per il vivo, un solido appoggio per gli affondatori, una coppia di raffi, un ecoscandaglio, una radio e la strumentazione di bordo. Altri accessori estremamente importanti sono i divergenti, delle lunghe antenne che sporgono ai lati della barca e permettono di avere contemporaneamente in pesca un certo numero di lenze (distanziandole dalla barca evitando, così, che si accavallino tra loro), imprimendo alle esche un movimento irregolare che stuzzica la curiosità dei pesci. Il vero simbolo del big game, però, è la sedia da combattimento, anche se molti la considerano poco sportiva; la lotta con pesci di taglia modesta può essere condotta rimanendo in piedi, ma quando all’altro capo della lenza la preda sfiora il quintale, l’utilizzo della sedia appare più che giustificato e poichè abbrevia la durata della lotta, è addirittura auspicabile per praticare il rilascio del pesce.

Le attrezzature in fatto di canne e mulinelli devono essere adeguate allo stress a cui dovranno sottoporsi ma mai dovranno essere sproporzionate, in maniera tale che la preda allamata abbia pari opportunità di combattere con il “predatore”. La potenza delle canne si aggira tra le 50 e le 130 libbre, le quali alcune hanno il manico ricurvo per adattarsi meglio alla sedia da combattimento e gli anelli a carrucola sono d’obbligo sull’intera canna. I mulinelli utilizzati maggiormente sono a bobina rotante con frizione a leva, i quali offrono la possibilità di scegliere fra due diverse velocità di recupero.

Per quanto riguarda le esche, quelle naturali sono più gradite ai nostri bestioni ma obbligano a trainare ad una velocità ridotta; quelle artificiali, invece, vengono trainate ad una velocità di 6-7 nodi e pertanto consentono di esplorare vaste zone di mare. La scelta del tipo di esca è in funzione dei luoghi, delle specie ittiche presenti e delle abitudini locali; per fare qualche esempio, nei mari tropicali, i pesci vela vengono prevalentemente insediati con filetti di pesce abbinati ad esche artificiali dotati di testina variopinta e una specie di gonnellino fluttuante fatto di gomma, mentre i marlin vengono insediati con i kona colorati o con il bonito innescato vivo.

Una consuetudine, diffusissima all’estero e meno in Italia, è quella di segnalare con apposite bandierine, applicate ai divergenti, l’esito della battuta di pesca. Ogni specie ittica è contraddistinta da una bandierina di diverso colore. È previsto anche un segnale che indica chiaramente se i pesci sono stati trattenuti o rilasciati seguendo il Tag & Release. Questo termine indica che i pesci catturati sono stati rilasciati in acqua, dopo averli liberati delicatamente dall’amo e applicato sulla pinna dorsale un contrassegno numerato, che serve a comprovare l’avvenuta cattura. La matrice del contrassegno rimane al pescatore e un’organizzazione internazionale (I.G.F.A.) provvede, in seguito, ad omologare la cattura e rilasciarne un attestato.

Il T&R sta diventando, ormai, una pratica sempre più usuale: al posto di una preda senza vita appesa per la coda, il pescatore ottiene l’attestato e la matrice del contrassegno; la soddisfazione è identica, anzi probabilmente maggiore, perchè si è certi che l’altra parte del contrassegno si trova sul dorso di un pesce che nuota libero nel proprio elemento.